Quando a Roma ritornava vincitore il comandante che avesse ucciso almeno 5000 soldati nemici, gli veniva tributato il Trionfo, una imponente processione fuori di città, nel quale generale e soldato deponevano le armi e passavano sotto un arco di legno e frasche. La colonna era aperta da trombettieri, cui seguivano i soldati, poi i carri di bottino, mandrie di ovini e bovini da macellare, poi capi nemici in catene e poi il generale vincitore in piedi su una quadriga,preceduto da flautisti, con una toga porpora sulle spalle, una corna di d'oro in testa, uno scettro d'avorio e un ramo d'alloro. Il generale si recava sul Campidoglio dove sacrificava gli animali e decapitava i capi nemici come tributo agli dei.
"Il popolo gongolava e applaudiva. Ma da parte dei soldati era costume lanciare motti e frizzi mordaci verso il loro generale, denunziandone debolezze,difetti e ridicolaggini, perchè non avesse a montare in superbia e a credersi un infallibile padreterno. A Cesare per esempio dicevano:"Smetti,zuccapelata, di guardar le matrone.Contentati delle prostitute". Se si potesse fare altrettanto coi dittatori dei nostri tempi, forse la democrazia non avrebbe più nulla da temere."
Indro Montanelli, Storia di Roma
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